Trouble with the curve (2012) di Robert Lorenz


mi piace il baseball, gioco a baseball, mi son detto: "guardiamo un film sul baseball!"...





Prima opera di un produttore/aiuto regista/produttore esecutivo palesemente eastwoodiano, quasi un delfino. Poi sembra che l'amico/ex capo debba fare un favore, ed è scazzato quasi quanto il protagonista Gus nella sua recitazione.
Storia banale, scontata e senza colpi di scena (non che sia fondamentale, almeno per me, però...). Ottimi Eastwood, anche se a volte sembra quasi seccato (forse lo fa per il copione, ma a me è sembrato che gli seccasse recitare), fantastica Amy Adams, giusta in ogni scena, impalpabile Justin Timberlake (messo nel cast per richiamare qualche giovincella in più). 
Neanche lontamanente paragonabile a Million dollar baby, dello stesso Eastwood, il rapporto padre-figlia non viene analizzato, il gioco del baseball è solo sullo sfondo, molto lontano, con qualche richiamo tramite vecchie statistiche, l'amore non c'è, c'è solo una forma di "meglio" per tutti, e che tutti cercano di seguire; neanche l'incapacità di Gus di affrontare i problemi viene affrontata nel film, come se, proprio imitando Gus, la sceneggiatura evitasse tutti i punti salienti. In Moneyball il baseball è solo un tramite per guadagnare, qui il baseball è uno stile di vita, una scuola di vita, un modo per affacciarsi alla vita e per viverla.
Forse anche noi avremmo dovuto fare come Gus: sviluppare maggiormente l'udito, riducendo l'attenzione sul visivo, che non è granchè. 
Velata, forse neanche troppo, critica al mercato del lavoro che vuole tutto e sempre, a discapito dei "vecchi lavori" fatti alla "vecchia maniera", che danno più soddisfazioni e ci fanno vivere meglio, seppur meno  comodamente. Ovviamente la critica, se si vuole, la si può estendere a tutta la vita, passando dall'eccessiva tecnodipendenza della società di oggi (Gus non ha neanche il cellulare, il palmare o il tablet, usa il telefono fisso, blocnotes e quaderni) o l'eccessiva importanza data alla dieta (chissà quanti avranno storto il naso alla vista di una spam aperta nel frigo, o della pizza con bacon canadese, doppia acciuga e peperoncino per colazione).
La traduzione del titolo rovina tutto (come sempre), incentrando tutto inizialmente su Gus, e poi sulla figlia, mentre nella versione originale tutta l'attenzione, non appena iniziato a vedere il film, si concentra (o almeno dovrebbe) su Bo Gentry.
Si fa guardare, ma non appassiona; si gustano le prove di recitazioni degli attori, ma stupisce la banalità della sceneggiatura: se fossimo nel calcio finirebbe in pareggio, ma nel baseball questa possibilità non esiste, quindi vince quel che c'è di buono nel film, considerando che, comunque, è un'opera prima.
Morale? come diceva Nietzsche: “Si diventa solo ciò che si è”



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