Rush (2013) di Ronald William Ron Howard

"meglio un giorno da Hunt o cento da Lauda...?"
frase rubata ad un amico, che ha visto anch'egli col padre tale pellicola, simultaneamente a me, ma in un altro cinema, 
grazie Val




Vederlo con accanto un grande appassionato che l'ha vissuto (mio padre) da un lato, che mi microspoilerava cosa stava per accadere (seppur alcune cose, anch'io appassionato, le conoscevo già), e dall'altro un altro appassionato di motori in genere, col quale abbiamo condiviso i brividi e l'adrenalina per le scene adrenaliniche, è stato un intenso piacere.
La storia dovrebbe conoscerla chiunque (tutti quelli che hanno vissuto all'epoca non possono non sapere, quelli che non l'hanno vissuta non possono non informarsi), comunque la riassumiamo qui: il ragioniere Lauda contro il playboy Hunt, nella pista come fuori. Questa è la trama, semplice quanto efficace, di questo film del buon Richie Cunningham, che torna al film sportivo dopo Cinderella Man, e dopo una parentesi politico-religiosa. Gli attori sono stai scelti perfettamente: le due anime sono rappresentate al meglio, nella maniera più corretta e abbastanza simili alla realtà (Lauda ha dichiarato, dopo la visione del film, che per lui è stato molto più difficile conquistare la moglie e che James aveva le donne che si vedono in tutto il film, nell'arco di un week-end di gara). La ricostruzione poi è qualcosa di spettacolare: dalle 20 auto originali usate, alle scarpe del signor Ciccio, passando per la ricostruzione dell'incidente al bergwerk (in cui mi sarei aspettato un maggior risalto al ruolo di Merzario, che in sala viene riconosciuto solo dal mio pavido accompagnatore sessantenne, grazie ai colori di tuta e casco). 
Due o tre scene di sesso, ben girate, danno quel pizzico di movimento senza essere morbose; esattamente come quelle crude e un pò gore, due incidenti e le cure di Lauda in ospedale (secondo i miei compagni di visione esagerate, ma secondo me giusti per far capire sofferenze e dolori di quel mondo che era una vera carneficina per i piloti. Discorso a parte per le scene di gara: bellissime le parti dove vediamo piedi, mani, occhi, pistoni, ammortizzatori, braccetti e quant'altro muoversi in quel piccolo inferno di metallo tremolante (indicatissima l'idea di far vibrare le "onboardcamera"), a mio avviso però un pò troppo frenetiche, lungo tutto l'arco della pellicola. Avrei preferito delle scene frenetiche all'inizio, per stupire lo spettatore e farlo eccitare un pò, per poi rallentare il tutto, in anticlimax con la suspance, in costante aumento. Mi sarei aspettato qualche carrellata in più in mezzo alle auto in corsa, qualche bel movimento lento, in antitesi con l'estrema velocità dei mezzi, che poteva far vedere ancor di più l'abilità del regista nel (ri)girare queste gare, nel reinventarle e nel farcele godere. 
Questo non è il primo film sulla Formula1, però di sicuro è il migliore fatto fin ora: la ricostruzione è minuziosa, sia dei personaggi principali, che di quelli secondari (perfettamente secondari, quasi impercettibili, com'è di giusto che sia) sia per le ambientazioni (sembra quasi di essere dentro quel mondo violento, rischioso, artigianale e sempre pronto a spingersi al limite).
La colonna sonora poi, a opera del provvidenziale Hans Zimmer, è epica al momento giusto e tetra quando serve (le mie preferite sono "Mount Fuji" e "My best enemy che con 4 note riescono ad essere infinitamente epiche). Significativi anche i titoli dei brani, che non sono dati a caso. Fondamentale l'effetto del dolby (pace all'anima del signor Ray Dolby, esistito realmente), sicuramente a casa non potremo avere lo stesso risultato per musica, ma soprattutto per l'effetto dei motori.
Visto il trailer in lingua originale, si perde molto dal doppiaggio italiano: l'inglese germanizzato di Lauda, quello pulito di Hunt, a differenza di quello all'italiana di Regazzoni, si perde quella babilonia che era, ed è tuttora, la Formula1 (oltre alla boiata vomitevole dei due meridionali che sono nei pressi di Trento e la cui Giulia viene guidata dal buon Niki).
Alla fine comunque entrambi restano com'erano all'inizio del film, dopo tutto quel che gli era capitato, e la voce fuoricampo di Lauda ammette di averlo invidiato. Questo film non è solo la lotta tra due piloti, tra due modi di guidare e di affrontare un lavoro come quello del pilota, ma è proprio l'eterna lotta di chi vive da leone e chi da pecora, o, con l'aiuto di un altro paragone zoologico, tra cicale e formiche. La storia che vediamo però è quella di due cavalieri medievali, rispettosi dell'onore altrui, che si stimano, e che si rendono conto (per bocca di Lauda) della necessità l'uno dell'altro, e si difendono e onorano quando possono, ovviamente non in pubblico dove devono sfottersi/punzecchiarsi/infastidirsi (anche se dalle immagini dell'epoca si vede spesso che stanno vicini, a parlare e ridere, prima e dopo le gare). L'accenno di sorriso di Daniel Bruhl alla fine del GP del Giappone è significativamente emblematico, insieme al pestaggio da parte di Chris Hemsworth di un giornalista a Monza dello stesso anno. 
Il finale è un pò banale con qualche immagine originale e una morale che vuole farci vedere che comunque, alla lunga, vince chi ci mette passione e impegno nella vita (anche se Hunt, nel 1982, rinuncerà ad un'offerta di Ecclestone 2500000$ per guidare una braham, affermando che ormai, all'epoca figuriamoci ora, il pilota contava meno del mezzo).
Bello, da vedere, ma non un capolavoro, ma grazie a Howard magari qualcuno in più si è interessato a questo sublime ed entusiasmante capitolo della storia dell'automobilismo. 




QUESTO è ciò che emoziona un appassionato di formula1, non millemila tagli ogni 15 millesimi di secondo su ogni particolare dell'auto e/o del pilota.

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